di Caterina Mezzapelle
"Spiegare un'usanza vuol dire scorrere la storia di una comunità locale e svelarne l'identità attraverso le manifestazioni della sua cultura popolare, sacra e profana, fatta di storia, credenze, religiosità, riti e tradizioni. Le origini si perdono nel tempo, ma conservano il fascino incantato della spontaneità dei cuori e della nobiltà dei sentimenti".
Una delle feste più importanti dal punto di vista folkloristico è quella che si svolge il 19 Marzo, giorno in cui si festeggia San Giuseppe. Questa festa coinvolge tutti gli abitanti di Salemi che con fervore cominciano con i preparativi una settimana prima del giorno così tanto atteso.
La cena consiste in un banchetto che i devoti offrono ad un gruppo di bambini che simboleggiano la Sacra Famiglia.
Gli uomini, lavorando per giorni, preparano in una stanza a pianterreno la struttura in legno di piccoli altari estemporanei. Questi altari sono a pianta circolare o quadrata, con colonnine portanti che convergono in alto formando una cupola. Tutta l'impalcatura viene ricoperta interamente di ramoscelli di mirto odoroso ed alloro e decorata con arance, limoni e pani.
Al centro si prepara un piccolo altare con cinque ripiani e si appende in alto un quadro che raffigura la Sacra Famiglia; ai lati si dispogono delle mensole a ferro di cavallo, su cui si poggeranno oggetti simbolici di significato costante e di facile lettura: carraffe di vino, vasi di fiori, frutta, fette di anguria rossa di gesso, candelabri, vasi con pesciolini rossi..
Ai piedi dell'altare si stende un tappeto dove si posano un agnello di gesso o di cartapesta che rappresenta il Cristo Immolato, un'anfora con acqua e un asciugamano bianco, disposto a forma di "M", per ricordare la purificazione, dei piatti con germogli di frumento, che inneggiano alla terra.
Nel centro dell'altare si prepara la tavola per la "cena dei Santi". Un ramo di alloro all'angolo della via richiama i visitatori devoti che si susseguono in fitto pellegrinaggio fino a tarda sera per ammirare l'incantevole altare.
La padrona di casa, aiutata da abili donne del vicinato, preparano e modellano con tanta creatività i pani votivi, con una notevole varietà di forme, ciascuna delle quali simboleggia elementi pagani, religiosi o legati al lavoro nei campi.
I principali simboli rappresentati sono quelli della tradizione cristiana, come il pesce, o i simboli della pentecoste, cioè la scala, la tenaglia o i tre chiodi. Oltre a questi, di chiaro riferimento religioso, le altre forme rappresentate fanno riferimento alla natura: così sono realizzate forme di animali, di piante e di fiori.
Per cogliere il profondo valore religioso delle cene di S.Giuseppe bisogna comprendere il simbolismo dei pani, che ripercorrono tutto il rapporto tra l'uomo e Dio e richiamano le meraviglie del Creato, secondo un criterio allegorico ben definito.
Guardando i cinque ripiani dell'altare, ricoperti di bianche tovaglie ricamate, si vedono appoggiati sul primo gradino, i tre grandi pani più significativi.
Sul secondo gradino si espongono tre pani più piccoli, simili ai grandi, che rappresentano il popolo fedele al cospetto di Dio.
Al centro del terzo gradino si pone la "spera", cioè l'ostensorio che ricorda l'Eucarestia, con le spighe e l'uva come simboli e due angeli inginocchiati ai lati.
Sul quarto ripiano si collocano il calice di pane, tutto intagliato, le ampolline dell'acqua e del vino e altri due angeli in adorazione.Su un altare interno alla cappella, abbellito da fiori e frutta, vengono poggiati i pani più grossi che rappresentano i "Santi" ed i fedeli.
Il giorno della festa, a mezzogiorno in punto, si invitano i "Santi" all'interno della cappella per consumare le almeno 100 ed una pietanza preparate dai fedeli, tra le quali non figura la carne che non è presente nella dieta quaresimale. Il banchetto si conclude con dei monologhi, detti "parti" recitati dai fedeli in onore di San Giuseppe.
Questa tradizione popolare che scaturisce da un atto di devozione nei confronti del Santo, viene coltivata da tempi immemorabili e vede ogni anno la partecipazione autentica di tutto il paese che per l'occasione ospitano numerosi turisti incuriositi.
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Il nome della città di Salemi proviene dall'arabo Saleiman "luogo di delizia", appellativo dato dai conquistatori musulmani all'antica Alicia.
Salemi di origine sicana o elima , pare corrisponda all'antico sito di Alicia (dal fiume Alico) collocata dagli storici, tra cui Diodoro Siculo, tra Entella (Erice) e Lilibeo (Marsala). Alcuni ritrovamenti ne testimoniano le origini. Dalle risultanze dalle campagne di scavo effettuate nel sito di Monte Polizo risalente al VII-VI sec. a.C si è potuto accettare una continuità abitativa risalente allo stesso periodo con l'attuale centro storico della città.
E che il territorio fosse particolarmente adatto agli insediamenti proprio per la sua particolare posizione geografica lo si è accertato dal ritrovamento di un villaggio risalente al XII sec. a.C. in località Mokarta. Gli arabi la chiamarono Salem (salubrità) o anche, come scrive Rocco Pirri "locus deliciarum". Con i due Ruggeri, Salemi fu innalzata dai Normanni a città privilegiata, appartenente al regio demanio e fu sede del Baiuolo.
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